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Diario di viaggio 2022

17 gennaio

Riserva marina

Video

Museo del Rum St. Rose

Museo del Rum

Acque calde Bouillante

Acque calde di Bouillante

Abitazione Griveliere

Piantagione Vanibel

17  gennaio 2022

Basse-Terre tra storia e fondali da favola

 

Come ogni mattina, la giornata è iniziata molto presto.

Dopo una bella corsa sulle strade ondulate di Deshaies e una ricca colazione, alle 8:00 ho ripreso il mio viaggio per andare a scoprire nuovi posti.

L’avventura odierna è iniziata da una distilleria che ieri non ho avuto il tempo di visitare, posta a pochi chilometri dal mio alloggio.

Si tratta della distilleria Reimonenq, sede, altresì, del museo nazionale del Rum.

Questa azienda è stata fondata nel 1916 in località Sainte-Rose dalla famiglia Reimonenq che si è dedicata alla produzione di Rhum Agricole seguendo rigorosamente un loro processo artigianale.

I venti ettari di proprietà di coltura di canna da zucchero, insieme ad altre piccole forniture locali, oggi assicura alla più piccola distilleria delle colonie francesi una produzione annua di 300mila litri di rum.

Secondo la loro filosofia, appresa con la visione di un filmato all’interno del museo, i Rhum Reimonenq vengono distillati in un alambicco in acciaio a colonna, per poi essere lasciati riposare in botti di rovere per almeno tre anni.

Nascono in questa maniera alcuni dei migliori rum dei Caraibi, frutto di un processo produttivo meticolosamente controllato in tutte le sue fasi.

Dal 1990, la struttura ospita anche il museo del Rum, un’importante attrattiva turistica molto ben organizzata.

Al suo interno si possono ammirare gli strumenti che nei secoli sono stati utilizzati nella produzione del rum, e conoscere le varie fasi della lavorazione della canna da zucchero.

Nelle sale è possibile ammirare una meravigliosa raccolta di farfalle rarissime provenienti da tutto il mondo, dei modellini di velieri, ventidue riproduzioni di animali in resina a grandezza naturale, e tante altre collezioni.

Nel 1997 è stata altresì allestita la sala dell’artigianato e dei mestieri che riproduce le modalità con le quali nell’antichità le popolazioni locali si dedicavano all’agricoltura.

Insomma, un vero museo che raccoglie molte testimonianze di un passato che ancor oggi fa della Reimonenq una grande azienda.

Il tour all’interno del museo si è infine concluso con la visione, in un’apposita saletta, di un filmato che racconta la storia della coltivazione della canna da zucchero sull’isola di Basse-Terre, lo sviluppo nel tempo dell’azienda della famiglia Reimonenq, e tutte le singole fasi della produzione del rum, dalla coltivazione della canna, alla raccolta, ai vari passaggi della lavorazione, sino alla vendita finale.

In sintesi, una bella esperienza che porterò per sempre dentro di me.

Terminata la visita mi sono diretto a Bouillante, piccolo centro noto per la presenza di una centrale geotermica che convoglia in mare, lungo un canale, acque calde provenienti dalle viscere della terra la cui temperatura supera i quaranta gradi.

Alle prime ore del mattino c’erano già molte persone che si godevano il calore dello sbocco.

Considerato che per me la giornata sarebbe stata abbastanza lunga, e soprattutto caldissima, ho deciso di continuare il mio giro, riservandomi il piacere di un bel bagno rigenerante soltanto a fine giornata, ovvero prima far rientro all’alloggio.

Ho proseguito così per la vicina spiaggia di Melandure, lido dal quale mi sono imbarcato con un diving locale per visitare la famosa riserva marina Jacques Cousteau, un’area marina protetta di circa 400 ettari d’inestimabile valore ambientalistico posta nelle vicinanze delle isole Pigeon, i cui fondali protetti ospitano stupefacenti spugne, tartarughe e pesci di ogni genere.

Dopo aver preso il largo con una barca per turisti mi sono immerso per circa un’ora in compagnia di guide sub del posto.

Lo spettacolo dei fondali è stato unico; banchi di pesci damigella multicolori e tante altre specie ravvivavano le bellezze di questi fondali, dimora, altresì, di due relitti.

Nel Giardino di Corallo, a dieci metri di profondità, un’altra sorpresa mi ha lasciato di stucco: sul fondale giaceva il busto in bronzo del celebre comandante Cousteau, posto li come custode della magnifica riserva marina.

Visto la profondità e soprattutto la mancanza d’idonea attrezzattura da sub, mi sono limitato a guardarlo dall’alto.

Dopo l’escursione sottomarina, ho dedicato parte del primo pomeriggio alla ricerca di tre siti storici inseriti nella famosa “Rotta degli schiavi”.

La prima tappa è stata Anse-à-la-Barque, sita in località Vieux-Habitants, splendida insenatura dalle acque verde smeraldo e una sottile lingua di sabbia dorata coperta da palmette di cocco, la cui bellezza è ammirabile già dalla strada che porta su questo luogo.

La spiaggia, poco frequentata, forse perché ospita un porticciolo per pescatori, sfoggia sul suo lato sinistro un bel faro e alle sue spalle un fitto boschetto paludoso dove avrei dovuto trovare le vestigia di questo sito storico, un tempo dedicato alla lavorazione dell’indaco, pianta tropicale dalla quale si estraeva un colorante blu.

Il sito, come detto, è tra quelli inseriti nel progetto della rotta degli schiavi in quanto, tempo addietro, erano stati rinvenuti alcuni resti risalenti al XVII secolo, come piccole vasche e frammenti di ceramiche, e, intorno alla grande vasca di agitazione o ammollo, cocci di bottiglie di vetro.

​Gli studi portati avanti da alcuni storici raccontano che la scelta dell’Anse-à-la-Barque, quale luogo ideale per costruire questa piccola fabbrica, scaturì principalmente per due motivi: il clima secco della costa, particolarmente adatto alla crescita delle piante di indaco, e il torrente che scorre nel vicino fossato, fonte di un grande quantitativo d’acqua dolce indispensabile al processo produttivo.

La ricerca di questi resti è stata purtroppo vana.

La vegetazione, probabilmente, aveva coperto del tutto quel che rimaneva di questa antica fabbrica, e il fatto che sul posto non vi era alcuna indicazione turistica della presenza di una testimonianza storica della “Slave Route”, avrebbe dovuto già aprirmi gli occhi prima di avventurarmi all’interno del bosco.

Ma va bene ugualmente, c’era ancora tanto da visitare, quindi, ho deciso di proseguire in direzione dei due successivi siti: l’abitazione Grivelière e la piantagione Vanibel, anch’esse collocate nel territorio di Vieux-Habitants.

La prima, però, mi ha giocato un brutto scherzo: chiusa per lavori.

Volevo morire.

Dallo studio portato avanti prima della partenza per la Guadalupa, l’abitazione Grivelière l’avevo messa in cima ai luoghi storici riconvertiti in attrazione turistica, in quanto valorizzata, non solo per la bellezza dei resti che ancor oggi custodisce, ma anche per i servizi che venivano offerti ai visitatori.

La Grivelière è una piantagione fondata alla fine del XVII secolo.

Nel 1843 Auguste Périollat assegnò l’attuale denominazione, destinandola alla produzione del caffè e del cacao.

Essa si trova lungo la Grande Rivière di Vieux-Habitants, all’interno del Parco Nazionale della Guadalupa a 200 metri sul livello del mare, e, prima degli attuali lavori di manutenzione, era una delle tenute agricole meglio conservate delle Piccole Antille.

Al suo interno, oltre ad ammirare le attrezzature e le strutture un tempo utilizzate per le varie lavorazioni del caffè e del cacao, è altresì possibile fare un piccolo tour nel bellissimo giardino creolo e degustare, a termine visita, una tazza di caffè o di cioccolato caldo offerti dalla Direzione della piantagione.

Dispiaciuto per questa chiusura e soprattutto per non essermi informato preventivamente, percorrendo a ritroso una strada dalle altimetrie e curve paurose, ho ripreso il cammino per portarmi sul sito Vanibel, oggi importante centro turistico immerso nel verde lussureggiante di Basse-Terre, quasi ai piedi del vulcano Soufrière.

Il sito Vanibel, un tempo chiamato Moulin à l’Eau, appartenne alla famiglia Leborgne e al suo interno ci avrebbero lavorato molti schiavi.

Le prime informazioni storiche riguardanti questa piantagione sono state tratte da una mappa disegnata dagli ingegneri reali francesi tra il 1765 e il 1770.

I cicloni del 1821 e del 1825 causarono danni devastanti agli edifici della piantagione portandola al suo declino e la conseguente vendita due anni dopo a Charles Billery Richeplaine, il quale si occupò di commissionare alcuni interventi di restauro, come quello sul mulino che porta ancora oggi la scritta “DAVID M 1827”.

Nel 1848, a seguito dell’abolizione della schiavitù, il nuovo proprietario decise di abbandonare la coltivazione della canna e avviare la produzione del caffè e delle banane.

La piantagione Vanibel nel corso dei successivi anni cambiò proprietari e tipologie di produzione; soltanto all’inizio del XX secolo si stabilizzò, con la coltivazione esclusiva del caffè.

La posizione privilegiata del sito, posto in una zona collinare su terreno vulcanico all’interno di un’area coperta da una vegetazione lussureggiante, grazie all’alto tasso di umidità, da secoli assicura una delle migliori qualità di caffè al mondo, tanto da farne un’importante attrazione turistica.

Giunto sul posto, mi sono recato al centro d’accoglienza turisti, registrandomi per l’escursione delle 15:00 (Misure anticovid abbastanza rigide su tutti i siti e parchi).

Ho approfittato  del tempo libero per apparecchiare sul pianale posteriore dell’auto e servirmi il pranzo: una lunga baguette, tagliata in due parti, entrambe farcite con prosciutto spagnolo ed emmenthal, una birretta e una banana.

In orario, mi sono aggregato alla guida e insieme a un gruppo di circa venti turisti ci siamo addentrati in un boschetto all’interno del quale era presente un rudere perfettamente conservato con al suo interno l’antico macchinario utilizzato per la lavorazione del caffè.

La guida ci ha quindi intrattenuti, raccontandoci la storia della piantagione, ci ha mostrato le piante del caffè, parlato delle tecniche di lavorazione dei chicchi, e infine ci ha fatto visitare i cottage utilizzati per la conservazione del raccolto.

Pienamente appagato per quanto visto e appreso, in appena trenta minuti di auto ho raggiunto Basse-Terre, Capitale amministrativa della Guadalupa, per visitare i suoi principali siti. 

Nelle oltre due ore di permanenza ho visitato la Cattedrale di Nostra Signora del Carmelo, chiesa costruita su una vecchia cappella in legno del XVIII secolo, fatto un giretto tra le strade adiacenti, ammirato l’imponenza del grande palazzo bianco del Consiglio Generale e infine raggiunto il principale monumento storico della città, forte Louis Delgrès.

Edificato nel 1649 da Charles Houel, oggi Fort Delgrès è simbolo della lotta alla schiavitù portata avanti nei primi anni del 1800 da Louis Delgrès.

Nel 1802 fu teatro di battaglie tra le truppe del generale Antoine Richepance (inviate da Bonaparte per reinsediare la schiavitù abolita nel 1794) e i seguaci del comandante Louis Delgrès, un mulatto con una lunga esperienza militare nella lotta contro gli inglesi, da sempre acerrimi nemici.

Classificato come monumento storico nel 1977, il sito è gratuitamente aperto al pubblico tutto l’anno e offre visite guidate, mostre e vari eventi culturali.

Giunto nella parte alta di Basse-Terre, il massiccio ingresso del forte già mostrava la sua imponenza e maestosità.

Dopo aver lasciato sulla mia destra il corpo di guardia ho ritirato dal custode una cartina topografica della struttura con tutti i punti d’interesse da visitare e ho iniziato il tour.

Seguendo l’itinerario predefinito, ho percorso la lunga rampa costeggiante il muro di cinta sino a soffermarmi in prossimità della prigione.

Successivamente, mi sono portato in prossimità della piccola polveriera, oggi diventata uno spazio espositivo e luogo di evocazione dei grandi eventi bellici che hanno segnato la memoria degli abitanti di Basse-Terre, delle cisterne, del cimitero militare, posto alla sommità del forte dal quale è possibile ammirare all’orizzonte la grande baia di Basse-Terre e il vulcano Soufrière, quindi, ho raggiunto il bastione del Galeone.

Il giro si è concluso sul monumento più rappresentativo e iconico del forte, il famoso Memorial Louis Delgrès, opera edificata nel 2002 dallo scultore Roger Arékian[VM1] .

Questa scultura, posta su un pianoro ricoperto d’erba accanto alla caserma del bastione nord, raffigurante il capo del citato personaggio, è posta al centro di tre anelli concentrici sui quali sono adagiate simboliche pietre, all’interno delle quali frecciano incuranti dei turisti simpatiche e innocue iguane.

L’esperienza al forte Delgrès è stata veramente suggestiva, non solo per l’imponenza della struttura, ma per i significativi ricordi di un passato turbolento che la stessa effonde nei confronti dei visitatori.

Non a caso questo monumento è inserito nel famoso percorso “Slave Route”, il progetto dell’UNESCO finalizzato a mantenere sempre viva la memoria delle deportazioni e della schiavitù.

Conclusa la visita del forte, ho lasciato Basse-Terre e in circa quindici minuti, seguendo la strada litoranea, mi sono portato all’iconico faro di Vieux-Fort, struttura di circa quindici metri d’altezza eretta su uno sperone roccioso.

L’area è caratterizzata dalla presenza dei resti di una antica fortificazione dove trovano ancora posto quattro cannoni e uno splendido prato verde, ideale per concedersi una pausa picnic o rilassarsi davanti al mare.

Da questo sito, infatti, si gode di un panorama unico sull’arcipelago di Les Saintes e sull’isola della Dominica, e i fondali tutti intorno al faro raccolgono acque di un acceso celeste e verde smeraldo.

Qualche minuto di doverosa contemplazione, alcune foto e, ispirato dal suggestivo panorama, mi sono concesso qualche minuto di relax sul prato per raccogliere gli appunti della giornata che piano piano stava volgendo al termine, e prepararmi, come anticipato all’inizio del mio racconto, al bagno rigenerante nelle calde acque che sfociano nel mare di Bouillante.

Ho lasciato quindi il faro di Vieux-Fort, e via per il doveroso recupero psico-fisico.

Giunto sul posto non ho esitato un minuto nell’indossare il costume e immergermi in questo angolo di mare.

L’esperienza è stata estasiante!

In posizione di morto a galla mi sono fatto cullare dal movimento ondulatorio del mare.

Il termometro posto su un tubo ancorato sul tratto finale del canale che energicamente convogliava il flusso dell’acqua in mare, segnava quarantadue gradi, temperatura che diminuiva sempre di più, man mano che ci allontanava dallo sbocco.

All’ora in cui mi sono immerso (erano circa le 17:00), il sito era abbastanza affollato, per cui, per ovvie ragioni di distanziamento, mi sono un po’ allontanato dal punto più caldo del bacino e in solitaria mi sono goduto circa trenta minuti di bagno rigenerante.

Soddisfatto, non solo per l’esperienza a Bouillante, ma soprattutto per i posti che nel corso della giornata avevo visitato, ho ripreso l’auto per far rientro a Deshaies, desideroso di farmi una bella doccia e prepararmi per la cena.

Al mio arrivo, però, l’amara sorpresa di constatare l’assenza totale della luce a causa di un guasto alla locale centrale.

Il padrone dell’alloggio, al quanto rammaricato per l’inconveniente, mi è venuto incontro per darmi notizie al riguardo, e con estrema disponibilità si è prodigato affinché potessi almeno avere una fonte di luce in casa e, soprattutto, avere la possibilità di accendere i fornelli del gas, visto che funzionavano con innesco elettrico o fiamma esterna.

Mi ha quindi chiesto di attendere qualche minuto per ovviare al fastidioso inconveniente.

Dopo circa una mezzoretta trascorsa in auto illuminato dalla luce del mio iPad, mi ha consegnato una torcia e un accendigas a fiamma.

Chiaramente l’ho ringraziato per la gentilezza profusa e l’ho invitato a sorseggiare una birretta. Dopodiché sono tornato a casa, facendo, lentamente, scivolar via la giornata.

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