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Diario di viaggio 2022

14 gennaio

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Scalinata degli schiavi - Petit-Canal
Cimitero monumentale Morne-à-l'Eau

Il cimitero monumentale

Scalinata degli schiavi - Petit-Canal

La prigione degli schiavi

Spiaggia du Souffleur Petit-Canal

Spiaggia du Souffleur

14 gennaio 2022

Grande-Terre, le bellezze del versante ovest

Come da programma, la terza giornata di escursioni su Grande-Terre mi ha portato a percorrere i principali centri cittadini del versante ovest di quest’isola, come Morne-à-l’Eau, Petit-Canal e Port-Louis, luoghi, anche in questo caso, ricchi di scorci naturalistici mozzafiato e importanti testimonianze storiche legate alla tratta degli schiavi.

Partito di buonora, la prima tappa è stata la spiaggia Babin.

Prima di giungere a Morne-à-l’Eau, seguendo la D 117, ho deviato per Vieux-Bourg, cittadina di pescatori di poco più di 5mila e 8cento abitanti, e in soli quindici minuti d’auto ho raggiunto questo famoso lido.

Unica nel suo genere, la spiaggia di Babin consente ai frequentatori di beneficiare delle proprietà curative di una speciale tipologia di sedimenti argillosi posti sul fondale del mare, e trovare l’adeguato ristoro nel contesto di uno scenario lussureggiante, con l’esclusiva visione in lontananza degli isolotti Fajou e Macou, di Basse-Terre e della riserva marina de la Grand Cul-de-Sac-Marin.

Come detto, però, il mio interesse si è concentrato sulla spiaggia di Babin nota non di certo per le acque cristalline, ma per le virtù terapeutiche dei bagni di fango favorevoli alla cura dei reumatismi.

Giunto in un ampio parcheggio ho lasciato l’auto e mi sono avventurato alla conoscenza del luogo.

L’intera area è coperta da un soffice manto erboso sul quale prende posto una flora variegata composta da palme e diverse specie di alberi, una sottile lingua di sabbia dorata e un cartello turistico dal quale ho appreso l’esistenza di un percorso escursionistico denominato “La case aux manantins", a causa dell’abbondanza di lamantini presenti nella riserva di Grand Cul-de-Sac-Marin.

Questo sentiero, della lunghezza di circa cinque chilometri, parte dal porto peschereccio di Vieux-Bourg e si snoda tra le mangrovie sino al sito Babin.

Onestamente non lo conoscevo, però alla fine è stato interessante, affinché potessi, a tempo perso, fare i dovuti approfondimenti.

Curioso di sentire sulla pelle la qualità della sabbia, mi sono immerso sino ai fianchi per raccogliere dal fondale un po’ di fango da spalmare sulle braccia, petto e viso.

La difficoltà nel raccogliere tali sedimenti mi ha un po’ scoraggiato; quindi, senza attenderne i tanto decantati effetti terapeutici mi sono risciacquato e sono uscito dal mare.

A quel punto ho deciso di abbandonare il luogo per recarmi al famosissimo cimitero di Morne-à-l’Eau.

La città di Morne-à-l’Eau ospita una popolazione di oltre 17mila abitanti e tra le altre attrazioni che ho solo avuto modo di vedere al termine della visita del cimitero, percorrendo in auto il centro città, sono state: la piazza dedicata a Gerty Archimède, importante figura femminile che in passato ricoprì la finzione di consigliere e deputato della Guadalupa, il monumento ai caduti del primo conflitto mondiale e il palazzo del Comune.

Ma il focus della giornata, come detto, è stato il cimitero monumentale, dichiarato nel 2015 monumento d’interesse storico della Guadalupa.

Esso è una struttura simile a molti altri cimiteri dell’arcipelago, riflette la cultura locale caratterizzata, attraverso i secoli, dalla mescolanza delle tante popolazioni che sono passate per questo angolo dei Caraibi.

Disposto ad anfiteatro sul fianco di una piccola collina, si caratterizza per la presenza di tombe rivestite da maioliche quadrate bianche e nere, simili a grandi scacchiere, le cui lapidi, in alcuni casi, sono ornate con tetti a spioventi e terrazze.

Il nero rappresenta il lutto dei paesi occidentali, mentre il bianco quello di alcuni paesi dell’Africa e dell’Asia.

Al termine di questa interessantissima visita, la meta successiva è stato il famoso canale dei Rotours, altro sito della famosa “Slave Route”.

Per un errore di direzione, però, Google Maps mi ha invece portato su un adiacente monumento storico immerso nella vegetazione, di cui sono visibili alcuni resti.

Domandando a dei contadini locali, mi han detto che la struttura, posta vicina a un canale, non era il canale dei Rotours, bensì l’antico zuccherificio Pointe-à-Retz distrutto a seguito del terremoto del 1843.

L’occasione è comunque stata propizia per ammirare i suoi ruderi e scattare delle foto, molto probabilmente inedite, anche perché da una ricerca su internet non ne ho trovato traccia.

Lasciata questa antica fabbrica ho riposizionato il tom tom e finalmente raggiungo in breve tempo il canale dei Rotours.

Questo sito, scavato tra il 1826 e il 1829, fu realizzato per consentire il drenaggio della pianura di Grippon (Grande-Terre centrale) e il trasporto delle merci.

Esso si estende per circa sei chilometri, attraversa la città di Morne-à-l’Eau, e sfocia a Vieux-Bourg nell’oceano Atlantico.

Il progetto di apertura del canale, sebbene fosse stato pianificato molti anni prima della data di inizio lavori del 1826, fu completato con successo, sotto il governo di Jean-Julien Angot, dal barone di Les Rotours.

Per questa opera intervenne una forza lavoro composta da 200 a 400 uomini e schiavi liberi, e da fonti storiche, sembrerebbe che almeno una trentina di lavoratori persero addirittura la vita.

Parzialmente appagato per quanto visto, le tappe successive sono state invece molto più interessanti.

In appena quindici minuti di auto lungo la N6, sono giunto nella famosissima Petit-Canal, comune con poco più di 8mila abitanti che deve il suo nome a un piccolo canale scavato nel XVIII secolo per facilitare l’ormeggio delle barche.

Oggi vive di turismo, proponendo escursioni all’interno della meravigliosa e rinomata laguna del Grand Cul-de-Sac-Marin e ai siti che sto per descrivere.

La città, infatti, ospita vari monumenti commemorativi legati alla deportazione degli schiavi della Guadalupa; tra questi c’è la scalinata degli schiavi (les Marches des Esclaves) che conduce alla chiesa Saint-Philippe-et-Saint-Jacques e al monumento che celebra la fine della schiavitù e la prigione degli schiavi.

La scalinata sembrerebbe essere stata ricostruita dopo il 1848; la storia racconta che gli schiavi, una volta sbarcati sull’adiacente molo, l’avrebbero percorsa per essere condotti ai mercati.

Giunto sul posto, ho parcheggiato e mi sono diretto subito in direzione di questo importante sito.

Vedere dal vivo questo monumento è stato molto emozionante.

In corrispondenza dei muretti verticali della scalinata sono poste delle targhe con impressi i nomi delle tribù africane deportate, mentre ai suoi piedi l’area ospita il monumento della fiamma eterna allo schiavo ignoto e il busto di Louis Dèlgres, famoso, nei primi anni dell’800, per il suo impegno nella lotta alla schiavitù.

Poco distante, e raggiungibile tramite una stradina, immersa nella lussureggiante natura, Petit-Canal regala un altro importante sito storico, la famosa prigione degli schiavi ‒ ormai ridotta in macerie ‒ all’interno della quale hanno messo le radici secolari di alcuni alberi di fico.

Tra questi, quello più spettacolare e degno di particolare attenzione ‒ in quanto legato a una leggenda secondo la quale gli schiavi nel costruire la prigione avrebbero piantato semi di fico per agevolare, nel tempo, la naturale distruzione dell’edificio ‒ è quello denominato il “fico maledetto”.

I suoi rami e le enormi radici hanno effettivamente stretto in una morsa i muri della prigione, facendo idealmente significare la fine di secoli di schiavitù.

Girare per queste rovine è stato molto emozionante, e la presenza di una rigogliosa vegetazione sembra effettivamente confermare tale leggenda.

Petit-Canal si pregia, altresì, della presenza nelle immediate vicinanze di un parco paesaggistico che ospita almeno 500 specie di flora locale.

Incuriosito, l’ho raggiunto velocemente per godermi le meraviglie del luogo davanti a una birretta e un paio di sostanziosi panini.

La stanchezza accumulata nei giorni precedenti ha però iniziato a farsi sentire, tanto che il sonno ha preso il sopravvento al punto tale che, per almeno un’oretta, è sembrato calar inesorabilmente il buio.

Svegliatomi con il pensiero che c’era ancora molto da vedere, sono tornato in auto e percorrendo la N6 mi sono portato nel Comune di Port-Louis per visitare il famoso museo della canna da zucchero di Beauport, molto rinomato grazie alla presenza di un grazioso trenino che consente, grazie alla presenza di una guida, di girare tra le coltivazioni della canna zucchero e conoscere le relative tecniche di produzione.

Giunto sul posto, ho purtroppo appreso che il museo apre solo al mattino, quindi repentino dietro-front e via per il centro di questa piccola cittadina.

Port-Louis è un piccolo borgo di pescatori di circa 6mila anime, dove è possibile ammirare il suggestivo scorcio panoramico di Pointe d’Antigues, gli archi e le grotte sottomarine presenti nell’insenatura di Grand Cul-de-Sac Marin, e il lido tropicale di Anse Du Souffleur.

Le attrazioni del luogo meritavano circa quattro o cinque ore di permanenza, quindi, ho deciso di rispettare il programma precedentemente definito e dedicarmi alla visita del piccolo borgo, alla famosa Anse Du Souffleur (nuovamente, e non per il tramonto), e infine alla baia di Pointe d’Antigues.

Ho deciso quindi di saltare le immersioni nelle suggestive grotte, anche perché i tempi e le modalità della visita avrebbero richiesto molto tempo. 

Prima di portarmi a l’Anse Du Souffleur, ho fatto un giro nel piccolo centro di Port Louis per visitare la graziosa chiesetta del XIX secolo, Notre-Dame-du-Bon-Secours, custode di un prezioso altare in marmo di Carrara, le simpatiche case colorate poste lungo la via principale del borgo, il caratteristico palazzo del municipio, i diversi murales e l’azzurro lido, posto frontalmente alla chiesa.

L’ora del bagno si avvicinava e la voglia di godermi la bellezza del mare dei Caraibi disteso su uno dei più belli lidi di Grande-Terre non si è fatta attendere.

Appena tre o quattro minuti d’auto ecco questa spiaggia della Guadalupa, già vista ieri sera al tramonto. Anse Du Souffleur, considerata tra le più belle spiagge di questa isola per la sua sabbia bianca e il mare turchese, è veramente un posto ideale per rilassarsi all’ombra delle tipiche palme.

La magia del posto mi ha dato l’ispirazione per concedermi, dopo un meritato bagno, la degustazione del tanto desiderato sorbetto preparato da una simpatica signora, attraverso una tradizionale e originale lavorazione del frutto miscelato con la vaniglia.

Il tempo di ricaricare le batterie e infine via per Pointe d’Antigues, seguendo per circa tre chilometri Rue d’Antigues, una strada che costeggia il mare lungo la quale è presente un pittoresco cimitero in perfetto stile guadalupense che però ho oltrepassato.

Pointe d’Antigues è un’ampia baia molto frequentata da surfisti.

La superficie è coperta da una folta vegetazione verde all’interno della quale partono due sentieri escursionistici di poco più di quattro chilometri che vanno in direzione di Anse-Bertrand e di Port-Louis.

Il posto non mi ha impressionato particolarmente, pensavo infatti di trovare qualche bel punto d’osservazione dal quale ammirare panorami più suggestivi.

La mia presenza a Pointe d’Antigues si è quindi limitata all’osservazione dei tanti surfisti che si divertivano sulle alte onde, che velocemente s’allungavano all’interno della baia.

Il sole era comunque calato, e soddisfatto per quanto visto sono rientrato a Le Gosier.

L’unico rammarico della giornata è stato il non aver avuto tempo per immergermi lungo la scogliera e ammirare le spettacolari grotte e i suggestivi archi sottomarini.

Da una mia preventiva ricerca, ho appreso che al di sotto del livello del mare si trova la grotta più bella della Guadalupa, la grotta Amédien, meta di molti sommozzatori in quanto a circa otto metri di profondità riserva la presenza di sacche d’aria.

Le Canon, Les Arches, l’Arche Du Souffleur sono invece le grotte accessibili per i principianti, mentre quella di Aux Barracudas risulta invece ammirabile per visitatori dalle esperte capacità sub.

La magnificenza dei fondali di Port-Louis è altresì data dagli archi raggiungibili con immersioni guidate a più livelli di profondità.

In questo punto, qualche millennio fa, il livello del mare era più basso di venti metri, e quando questa parte della Guadalupa lentamente affondò, il mare scolpì queste rare strutture naturali dove oggi è possibile ammirare una fauna unica.

 

Nonostante il notevole impegno fisico, girare per le strade di questa isola, avvolta da una magia sorprendente nella quale prendono posto scenari naturali unici, è veramente fantastico.

Domani mi spetta un’altra meravigliosa esperienza su un’isola fantastica, l’isola della Désirade, il paradiso selvaggio della Guadalupa.

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